HANS HARTUNG, la forza del segno

Hans Hartung - Elegie dès alizés - 1978Le prime opere di Hans Hartung che ho visto personalmente erano esposte al MIART (che è stato e sempre sarà per me un luogo di emozioni e scoperte) e si sono impresse come una folgore. Il passo successivo è stato l’acquisto di una sua bella monografia; dopodichè ho iniziato a desiderare: desiderare visceralmente (e senza speranza, visto le cifre) uno dei suoi lavori, tanto che nelle edizioni successive del MIART, quando restavo catalizzata di fronte a un suo pastello su carta o davanti ad un olio ho sinceramente pensato che per una delle sue opere avrei potuto diventare una ladra. Fortunatamente non lo sono diventata: ho scoperto in tempo che le sue grafiche, litografie o acqueforti erano, con qualche piccolo sacrificio economico, anche alla mia portata.

La fascinazione nei confronti delle opere di Hartung si è sommata all’ammirazione per la coerenza delle sue ricerche pittoriche: i suoi primi disegni astratti sono datati 1922 (quando aveva solo 18 anni!), contengono in forma embrionale tutta la sua ricerca pittorica successiva e – incredibilmente – sono già fortemente caratterizzati. Tra l’altro sono coevi alle opere astratte di Kandinsky, che però all’Astrattismo c’è arrivato con un processo molto più lento e meno istintivo. La coerenza di Hartung si è espressa pure negli affetti: l’incontro quando aveva appena 25 anni con Anna-Eva Bergman, un vero colpo di fulmine che si è trasformato in meno di un mese in matrimonio, è sfociato infatti in un legame solido, durato con qualche alto e basso fino alla fine della loro vita. Questa nota biografica ha stregato anche il mio lato sentimentale, contribuendo alla fascinazione completa.

Caratteristico delle opere di Hartung è la presenza di un forte segno grafico, che si manifesta sotto forma di potente gestualità, ritmo vigoroso ed esplosione di energia. La sua scelta di utilizzare le tecniche incisorie come mezzo espressivo privilegiato risulta quindi naturale e comprensibile. In effetti la produzione incisoria (su rame, su zinco, su legno) ha accompagnato costantemente la sua produzione pittorica, tanto che il critico d’arte Reiner Michael Mason, uno dei suoi interpreti più attenti, lo ha definito graveur-peintre (incisore-pittore, e non viceversa come si è sempre usato per gli artisti che si sono cimentati con entrambe le tecniche). Hartung ribalta la tradizionale connessione tra pittura e incisione, rendendo evidente il debito della prima nei confronti della seconda. Lui stesso di sè scriveva

Mi piace agire sulla tela. E’ questa voglia che mi spinge: la voglia di lasciare traccia del mio gesto. Si tratta dell’atto di dipingere, di disegnare, di graffiare, di grattare. (…) Questo grattare il rame o lo zinco è veramente fatto per me e questa passione è arrivata al punto di avere chiara influenza sulla mia pittura (….) La pratica della litografia ha parallelamente apportato un rinnovamento della mia pittura che è, in un certo senso, il frutto delle mie lunghe ricerche in campo litografico.

Ancor più esplicito Giulio Carlo Argan, che diceva l’oggetto della ricerca di Hartung è l’origine del segno, cioè l’atto che lo produce. Così la sua produzione incisoria e litografica, a partire dagli anni Trenta, è stata una progressiva e coerente accumulazione di gesti tradotti in segni: linee veementi, energiche, ritmiche, morbide o flessibili nelle quali far incarnare una pianta che cresce, la pulsazione del sangue, tutto quello che è germinazione, crescita, slancio vitale, forza visiva, resistenza, dolore o gioia, per citare le parole stesse dell’artista.

Sono rimasta affascinata dallo scoprire inoltre che per incidere le matrici utilizzava non solo attrezzi tradizionali (tra l’altro è stato uno dei pochi artisti moderni a cimentarsi anche con l’antica, dimenticata e difficile tecnica del bulino), ma anche punte inusuali e insospettabili (spazzole metalliche, spatole, lime) che gli servivano per grattare, scalfire, imprimere i suoi inconfondibili segni facendo ricorso via via a tecniche incisorie tradizionali e a procedimenti sperimentali sofisticati e complessi, nei quali è stato supportato dalle migliori stamperie europee: dal parigino Atelier 17 alla stamperia Lacourière o a Murlot, dalla Erker-Presse di San Gallo in Svizzera alla stamperia di Gustavo Gill a Barcellona, luoghi dove contemporaneamente a lui sono transitati i più grandi artisti del Novecento europeo (e senza la silenziosa presenza di stampatori d’eccezione molti capolavori non avrebbero visto la luce, questo è certo).

L’acquaforte che ho acquistato fa parte di una cartella di incisioni dedicata a Léopold Sédar Sénghor (considerato il maggiore poeta africano del Novecento) composta da 16 incisioni (di cui 3 di Hartung) intitolata Les Elegie Majeures stampata nel 1978 dalle Editions Regard; il titolo riprende quello di un’elegia del poeta pubblicata nove anni prima con una litografia di Marc Chagall a corredo. Il mio esemplare non è firmato nè numerato e per questo era venduto ad un prezzo più basso; la Galleria che l’ha messo in vendita ne aveva anche altri firmati e numerati e questa circostanza mi ha tranquillizzato sull’autenticità. Generalmente la presenza o meno della firma autografa è una variabile che modifica il prezzo degli esemplari di stampa, anche se l’opera è la stessa e una firma non ne modifica certo la qualità artistica. L’ho rintracciata comunque come una prova di stampa nell’archivio generale dell’artista.

Recentemente ho scoperto che il nostro Ministero dei Beni e delle Attività Culturali  ha ricevuto in dono dalla Fondazione Hartung-Bergman di Antibes un cospicuo numero (138) di opere grafiche e calcografiche. Proprio per festeggiare questa donazione, nel 2013 è stata organizzata a Roma, all’Istituto Centrale della Grafica, una bellissima mostra (che purtroppo mi sono persa) ed è stato pubblicato un interessante catalogo. E’ una bella notizia constatare che anche l’Italia è entrata nel circuito virtuoso di collezionisti pubblici della grafica di questo grande maestro, accanto alla Bibliothèque Nationale de France, al Kupferstichkabinett degli Staatlichen Museen di Berlino, al Cabinet des Estampes del Musée d’art d’histoire di Ginevra.

Bibliografia:

Antonella Renzitti – Le radici del segno. Hans Hartung. L’opera grafica – Catalogo della mostra all’Istituto Centrale della Grafica – 2013

Per chi volesse vederlo all’opera, di seguito un breve video.

Hans Hartung - Elegie dès alizés - 1978
Acquaforte “Elegie dès alizés” – 1978 – All’interno di una raccolta di 16 incisioni (di cui 3 di Hartung) a corredo di Les Elegies Majeures di L. Sedar Senghor, Edition Regard Paris – stampata da Lacouriere&Frelaut su carta Arches – Tiratura 160 + XL – lastra 250 x 330 mm – foglio 429 x 329 mm – III Stato prova di stampa in bleu boreal non numerato nè firmato

4 pensieri su “HANS HARTUNG, la forza del segno

  1. Ecco, posso anche capire, ma qui divergo nel giudizio. Hartung è noioso ed elementare, nel senso di povero. Tuttavia è pure raffinato, e questo può sembrare accattivante.
    Allora io mi faccio questo test mentale: immagino che per me sia un perfetto sconosciuto. Trovo una sua acquaforte al mercatino di Povreville: quanto sono disposto a pagarla? Quanto mi piace? In tal modo si può tentare di liberarsi dai condizionamenti che il “potere culturale”, soprattutto quello del periodo, ci propina.

    PS personalmente non supererei i 20 euro. Eppure ho da poco comprato a 125 una litografia di Singier, che sul mercato varrebbe assai meno.
    Finirò in miseria, felice come una patata fritta.

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    1. Sono certamente vittima dei condizionamenti culturali del periodo, tutti un po’ lo siamo, chi più, chi meno; aggiungo che l’incisione di Hartung della mia collezione non è fra le sue migliori (alcune sono da urlo) e l’ho scelta rispetto ad altre perché aveva un prezzo compatibile con le mie finanze. Diciamo che è come desiderare l’amata ma possederne solo la ciocca dei capelli. Perché di innamoramento si tratta, nel mio caso. Poi certo, qualcuno dice che l’amore è cieco…..

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      1. Comunque sia, lei è dalla parte della maggioranza e non deve certo giustificarsi, il fuori regola sarei io. E siccome sono un po’ fazioso, punzecchio sempre chi adora artisti che io considero poco. Il più delle volte ottengo una non-risposta, tipo: ma come, se è in tutti i musei, se costa tantissimo ecc ecc C’è addirittura chi passa alle offese personali. Vista la civile risposta, mi spingo allora a chiedere; al di là dell’innamoramento, che è irrazionale come un sogno, sicuramente lei è in grado di spiegare un po’ più razionalmente quali siano le qualità di Hartung. Se lo volesse fare, le sarei veramente grato (e non solo io, spero).

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      2. Visto che mi sollecita, tento di spiegarle le ragioni della mia fascinazione. Ecco: energia, sintesi ed eleganza. Ogni volta che trovo queste tre componenti combinate insieme, è un attimo, resto stregata. Non solo in pittura, ovviamente, anche in un movimento di danza, nella forma di un vaso, in una frase ben scritta. E – spero che concorderà con me – non è così facile trovarle combinate insieme: l’energia può strabordare in movimento fine a se stesso, la sintesi scadere in freddezza, l’eleganza in maniera. In Hartung no: ogni segno tracciato è energia controllata, gesto sintetico, movimento elegante. Vorrei potermi muovere nella vita sempre così.

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