Il primo articolo non poteva che iniziare da lei: Federica Galli, una grande artista lombarda che si è dedicata tutta la vita all’incisione. Per lei il critico d’arte e scrittore Testori coniò il termine “inciditrice”. Mancata nel 2009 ha lasciato ai posteri una produzione imponente di acqueforti -quasi mille- e una Fondazione che porta il suo nome e che ha come obiettivo quella di diffondere la conoscenza delle tecniche incisorie nelle quali è stata maestra. Non potevo che iniziare da lei anche perché l’acquisto di questa acquaforte ha segnato l’inizio, quattordici anni fa, della mia passione per le stampe d’arte e della mia storia di collezionista. A dire il vero le acquaforti di Federica Galli le conoscevo già: nel 1990 ero andata ad una sua antologica al Castello Sforzesco di Milano e ne ero rimasta impressionata, tanto da informarmi sul prezzo delle sue incisioni nella speranza di potermene permettere una. Ai tempi mi ero appena laureata ed ero squattrinata, niente da fare.
L’acquisto di questa grande e bellissima acquaforte è stato invece un colpo di fortuna. Ho buttato un occhio dentro la vetrina di un piccolo negozio di mobili e oggetti vecchi, un “robivecchi” come ormai ne sono rimasti pochi a Milano, e l’ho vista. Ne ho visto solo un angolo, accatastata com’era dietro ad altre stampe e cornici, ma l’ho riconosciuta al volo. Ho riconosciuto la sua mano e la sua firma apposta in basso. Il costo? Poche decine di euro, il negoziante evidentemente non sapeva chi era. Presa.
Il soggetto appartiene ai suoi classici: paesaggi della bassa Lombardia costellati da cascine, percorsi da rogge; campi coltivati alternati a macchie boschive che si specchiano nelle pozze (le lanche, appunto) che si formano naturalmente nel terreno gonfio d’acqua. E ovviamente alberi, che formano intricati intrecci di rami e foglie. Curiosamente la Galli si è imposta negli anni ’70 e ’80 con un linguaggio poetico e figurativo considerato in controtendenza in un’epoca in cui imperavano altri generi artistici (l’astratto, l’informale, l’arte concettuale e cinetica) e con una tecnica ostica e difficile, che dà origine per forza di cose a multipli negli anni in cui era forte il credo dell’opera unica.
Incredibile è la sua abilità tecnica: le lastre sono incise con morsure multiple che creano un’emozionante gamma di toni, dai grigi più leggeri ai neri pieni. Per chi non sapesse cosa sono le morsure: la lastra, coperta di vernice, viene incisa e immersa nell’acido. L’acido corrode il metallo della lastra dove non è protetto dalla vernice. Ogni passaggio nell’acido viene chiamato “morsura” e aumenta la profondità del solco inciso, che acquista così, una volta riempito di inchiostro per la stampa, diversi valori tonali. L’abilità sta nel coprire via via con la vernice le parti che devono restare leggere e stabilire i vari tempi di immersione nell’acido della lastra.
Incredibile anche il modo che aveva di incidere, considerato proibitivo per la tecnica usata: en plein air, seduta con la lastra sulle ginocchia, di fronte alla natura, come dicono facesse solo Piranesi. Indagava frammento dopo frammento il paesaggio e lo sublimava in immagini quasi metafisiche e atmosfere sospese. Ha osato rappresentare la neve, la notte, la nebbia, soggetti tecnicamente difficili da rendere con la tecnica dell’acquaforte eppure affrontati e resi con sensazionali effetti tonali.
Chi volesse farsi un’idea della sua vasta e spettacolare produzione può visitare il sito, che riporta una buona selezione dei suoi lavori; o può visitare la Fondazione, collocata all’interno del suo laboratorio a Milano, in viale Bianca Maria. Piccola notazione da collezionista: a Milano vi sono ancora due gallerie che propongono le opere di Federica Galli, ma il mercato sembra avere dimenticato la grandezza di quest’artista. Infatti in rete si trovano delle sue bellissime incisioni di grande dimensione a prezzi decisamente abbordabili rispetto a una ventina di anni fa. Diffidate però delle “litografie” tratte dalle incisioni. Le incisioni sono state stampate per lo più di sua mano, le litografie sono poco più che riproduzioni meccaniche. La stampa di un’acquaforte è infatti la fase finale del percorso creativo dell’artista, che anche nella scelta dell’inchiostrazione o nella pulizia della lastra lascia un segno della propria personalità. Questo vale soprattutto per la Galli, che dicono avesse un’attenzione maniacale per i dettagli, per gli attrezzi e i materiali.
Dimenticavo: anche lei è stata a sua volta una collezionista di stampe e la sua importante collezione (Rembrandt, Goya, Durer, tra gli altri) è stata recentemente esposta al pubblico.

Bibliografia per chi volesse approfondire:
Marco Fragonara – “Federica Galli: Catalogo generale 1954-2003” – Edizioni Bellinzona 2003
Daniel Berger, Gian Alberto dell’Acqua – “Federica Galli” – Catalogo della mostra al Castello Sforzesco di Milano 1990
Per chi volesse ascoltarla direttamente c’è in rete una interessante intervista.
Brava Fiammetta è un piacere ritrovarti su questo blog, con i tuoi appunti che sembrano confidenze, appassionati e precisi. Lucia Ferrari
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Cara Lucia, che sorpresa che tu sia capitata sul mio blog! Grazie per i complimenti, spero di averti fra i miei lettori anche in futuro. Un abbraccio
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