Can-can fin de siècle: LOUIS LEGRAND

Louis_Legrand_Danse_fin-de_siecle_2Siamo a Parigi nell’ultimo decennio dell’Ottocento (per l’esattezza nel 1892) quando viene pubblicato dall’editore Dentu un piccolo e accattivante omaggio al mondo delle ballerine di can-can, Cours de danse fin de siècle, (qui) con testo di Erastène Ramiro e 11 acqueforti di Louis Legrand. Tanto per collocare temporalmente questa pubblicazione dirò che proprio nello stesso anno Toulouse-Lautrec realizzava i suoi due più famosi manifesti litografici, Divan Japonais e Aristide Bruant dans son cabaret, e immortalava l’astro nascente di Jane Avril e il mondo notturno, un po’ equivoco, che gravitava intorno ai cabaret di Montmartre.

Giusto 10 anni prima, Manet dipingeva la sua ultima opera prima di morire, Il bar delle Folies-Bergère, che esposta al Salon conosceva ancora una volta un’accoglienza piuttosto tiepida da parte del pubblico. Sappiamo però che gli valse la Legion d’Onore, che l’artista amareggiato rifiutò con disprezzo, considerandolo un riconoscimento troppo tardivo alla sua pittura. Degas invece, nel 1892, era alle prese con una vista sempre più incerta e stava progressivamente abbandonando la pittura a olio per sperimentare la più agile tecnica a pastello, con la quale stava realizzando alcuni dei suoi nudi femminili più intriganti. Monet quell’anno lasciava Parigi per Rouen dove iniziava, con intenti dimostrativi e un approccio quasi scientifico, la famosa serie delle facciate della cattedrale: una trentina di tele in tutto (ma avrebbero potuto essere cinquanta, cento, mille, tante quante i minuti della vita, dirà l’artista stesso) che dovevano dimostrare la straordinaria mutevolezza della luce, sufficiente a generare stimoli visivi sempre nuovi ed entusiasmanti al di là del soggetto rappresentato.

Seurat era morto da poco, da un anno appena, ma il clamore provocato dalla sua Dimanche à la Grande Jatte esposta all’ultima mostra degli Impressionisti, nel 1886, non si era ancora completamente riassorbito, nonostante la nuova tecnica pittorica da lui proposta, il Pointillisme, facesse proseliti non solo in Francia. Giovanni Boldini, già stabilmente a Parigi da anni e ormai affermato ritrattista dell’alta borghesia cittadina, dipingeva lo scandaloso ritratto (per la posa e il costume) della Giovinetta Errazuriz; la sua pennellata vorticosa e innovativa stava comunque per lasciare il passo alle nuove sperimentazioni delle Avanguardie: Matisse si preparava alla nuova stagione, inconsapevolmente, iniziando la sua formazione all’Académie Julian, mentre Bouguereau, maestro dell’art pompier, esercitava ancora la sua autorevolezza di maestro accademico nei Salon ufficiali.

Sempre nel 1892 Félicien Rops, dopo aver scandalizzato il pubblico parigino con le sue incisioni al limite del pornografico e del blasfemo, terminava probabilmente les grandes planches della serie Les diaboliques di Barbey d’Aurevilly (vedi qui). Odilon Redon – già apprezzato per le sue illustrazioni visionarie che lo collocavano d’ufficio nel movimento simbolista franceseera stato consacrato maestro e figura di riferimento dal neonato gruppo dei Nabis (Pierre Bonnard, Maurice Denis, Félix Vallotton), che aveva appena iniziato a pubblicare i propri lavori sul mensile letterario d’avanguardia La Revue Blanche.

Questa veloce e incompleta carrellata rende bene l’idea di come fosse variegato e scoppiettante l’ambiente artistico parigino nell’ultimo decennio dell’Ottocento: impressionisti, post-impressionisti, simbolisti, nabis, accademici, unitamente ad una folta schiera di illustratori, disegnatori e incisori di grandissima abilità (ma ben pochi di questo secondo gruppo sono oggi ricordati dal grande pubblico) condividevano il medesimo scenario cittadino; spesso si conoscevano, frequentavano gli stessi locali, si scambiavano le modelle, condividevano gli editori e talvolta i collezionisti. Era un periodo straordinario per la ricchezza delle personalità in campo e, in generale, per la qualità diffusa, a tutti i livelli, dell’ambiente artistico, a partire dall’illustrazione per l’editoria fino ad arrivare alla pittura appesa nei Salon.

Questo era dunque l’ambiente in cui veniva alla luce questa curiosa pubblicazione, illustrata da un giovane e promettente disegnatore quale era Louis Legrand; il testo era di Erastène Ramiro, pseudonimo di Eugène Rodriguez, scrittore e avvocato di successo, bibliofilo raffinato, collezionista di incisioni e appassionato sostenitore di Félicien Rops,  nonché co-fondatore della prestigiosa rivista L’Estampe Nouvelle. E’ molto probabile che Legrand lo avesse conosciuto proprio grazie a Rops, il maestro che lo aveva iniziato all’arte incisoria.

Per la verità nel 1892 Louis Legrand non era propriamente uno sconosciuto: si era già timidamente fatto conoscere dal 1887, quando aveva iniziato la collaborazione con Le Courrier francais illustré, che gli commissionava un disegno per ogni numero. Per inciso, un paio di questi disegni gli erano costati un breve soggiorno nella prigione parigina di Sainte-Pélagie per oltraggio alla morale pubblica. Ma questo inciampo non aveva fermato l’entusiasmo e la determinazione di Legrand. Nel 1891 aveva realizzato per un numero speciale illustrato della rivista Gil Blas una serie di acquarelli, che avevano per soggetto le scandalose ballerine di can-can. La particolarità risiedeva nel fatto che le ragazze erano osservate dietro le quinte e non sotto le luci della ribalta, durante quei lunghi e sfiancanti esercizi ginnici che rendevano possibili le loro mirabolanti esibizioni notturne, delle quali il pubblico eccitato non vedeva che il lato vitale ed effervescente. Il numero della rivista era andato a ruba (si dice che ne siano state vendute ben 60.000 copie) e questo successo aveva convinto l’artista a trasporre questi disegni in acqueforti, lasciando il piacere di elaborare un testo/reportage su questo soggetto così particolare al suo grande amico, collezionista ed estimatore Erastène Ramiro.

Il tema era certamente accattivante e molto attuale: erano gli anni in cui il can-can (il ballo scandaloso di incerta origine che faceva generosamente intravedere al pubblico le gambe e la biancheria delle ballerine) attirava non solo frotte di curiosi della buona società in cerca di emozioni audaci, ma anche intellettuali ed artisti che, condividendo con i cabarettisti, i cantanti e le soubrettes lo stesso stile di vita bohémien, libero e trasgressivo, rintracciavano in quel mondo notturno un ben maggiore tasso di autenticità e di interesse umano. Il Moulin Rouge aveva aperto i battenti nel 1889, l’anno dell’Exposition Universelle (quella con la Tour Eiffel), doveva la sua improbabile forma architettonica alle fantasie eccentriche di un altro grande disegnatore del tempo, Adolphe Léon Willette e si dice vantasse la presenza delle ballerine più disarticolate e disinibite. Non era comunque l’unico. C’era anche l’Elyseé-Montmartre e poi Le Divan Japonais, aux Ambassadeurs, le Jardin de Paris. Fra le tante ballerine che hanno calcato quelle scene noi oggi ci ricordiamo soprattutto di Jane Avril, per il suo legame speciale con Toulouse-Lautrec, ma andando a cercare in rete ho scovato i nomi e perfino le fisionomie di molte altre: la Goulue, la Grille d’Egout, Camelia detta Trompe-la-mort, Cri-Cri, Vol-au-vent, Lili-jambe-en-l’air, Nini-pattes-en-l’air, Valentin-le-desossé, Mome fromage. Soprannomi irresistibili, come irresistibile è il fascino delle loro sbiadite foto in bianco e nero e dei loro volti sorridenti nonostante le pose forzatamente disarticolate.

Il successo del can-can fu rapido e breve come una fiammata: nel 1900 andava in scena l’ultima quadrille di ragazze sgambettanti e nel 1920 già non ci si ricordava più di questi spettacoli e si erano perse le tracce delle protagoniste.

Curiosità e informazioni sul can-can, sui locali e sui numerosi protagonisti dei cabaret parigini si trovano su questo sito;  le foto delle ballerine, che ho tratto da lì, ci riportano dritto dritto a Legrand e alle acqueforti del suo Cours de danse fin de siècle. Scorrendo questa pubblicazione, notiamo la predilezione dell’artista per le posizioni al limite dell’equilibrio, quelle in cui la disarticolazione è massima; allo stesso tempo le sue giovani modelle hanno il viso serio, concentrato nello sforzo di assoggettare il proprio corpo a queste contorsioni, o mostrano un sorriso tirato, quello richiesto nelle esibizioni anche quando la fatica dei movimenti è estrema. Questi temi (i corpi delle ballerine, i movimenti forzatamente innaturali, gli esercizi di preparazione, la faticosa disciplina nell’apprendimento dell’arte del ballo) connotano a mio parere tutta la produzione migliore dell’artista: le acqueforti/acquetinte delle serie Les petites du ballet (1893), Les Petites ballerines (1902/1905) e La petite classe (1908) – che accendono i riflettori questa volta sulle giovani e giovanissime allieve delle scuole di danza di serie A, quelle di danza classica – gli portano la notorietà, anche se in seguito subentreranno altri temi, come la serie della Faune parisienne (con testo sempre di Ramiro), il mondo notturno dei locali parigini e le illustrazioni per i racconti di Edgard Allan Poe, oltre agli immancabili nudi femminili.

I suoi detrattori hanno sottolineato sia la facilità e piacevolezza del soggetto sia, soprattutto, la similitudine con i temi affrontati da Degas o da Toulouse-Lautrec, considerandolo quindi un semplice epigono, al più un bravo illustratore alla stregua di Paul Renouard. E’ un giudizio davvero poco generoso: se in effetti le acqueforti di Cours de danse fin de siecle (compresa la mia) denotano un segno sicuro ma non particolarmente originale, alcune delle incisioni delle serie successive mostrano un tratto sintetico ed efficace e una padronanza della tecnica veramente notevole, che lo porta a risultati di grande personalità. Ecco due acquetinte che sarei felice di avere nella mia collezione.

Louis_Legrand_ballerine1

Louis_Legrand_ballerine2 (2)

Bellissimi i contrasti: segni grossi ed espressivi si alternano a linee evanescenti, aree fortemente chiaroscurate bilanciano quelle luminose. Sono lastre per lo più realizzate con la tecnica detta a zucchero, con tratti ripresi a punta secca. Dal 1905 in poi  privilegia la tecnica della sola punta secca, per poi applicarsi alle acqueforti a colori. Il decennio 1900/1910 è sicuramente il suo decennio di maggior successo: già nel 1896 Erastène Ramiro gli aveva pubblicato il Catalogo della sua opera incisa, ma nei primi anni del secolo si moltiplicano le sue mostre personali; espone alla Société Nationale des Beaux Arts; l’editore, collezionista e amico Pellet gli stampa più di 300 lastre; nel 1907 gli viene assegnata la Croce della Legion d’Onore. Poi con l’avvicinarsi della guerra la sua produzione cala, non riesce a rinnovarsi proprio quando la pittura sta guardando da tutt’altra parte.

Ritorno alla mia acquaforte. Si tratta di una stampa non firmata precedente al taglio della lastra e all’apposizione della firma in alto a sinistra: sono infatti presenti i remarques, bozzetti che spesso non hanno attinenza con il soggetto centrale o prove di segni e morsure realizzati sui bordi della lastra che erano destinati a scomparire nella versione pubblicata. Soprattutto, è presente l’incisione di una vignetta umoristica, d’incerta destinazione. Chissà se il disegnino sacrificato, di un umorismo oggi improponibile (un cieco trascinato dal suo cagnolino verso il buco di un tombino aperto!) era un divertissement a tempo perso dell’artista o il bozzetto per qualche vignetta umoristica da pubblicare: non sono riuscita a scoprirlo. Aggiungo che i remarques erano un vezzo in quel periodo, alcuni artisti li lasciavano anche nelle versioni definitive delle stampe, come ho potuto osservare in alcune incisioni di Lobel-Riche. Cours de danse fin de siecle fu pubblicato in 350 esemplari, la prima copia corredata da un acquarello originale di Legrand. Altre 50 copie del libro, stampate su carta japon, furono corredate anche da una serie completa delle 11 acqueforti nella versione con remarques (qui e qui), stampati però in sanguigna. La mia, inchiostrata in nero, sembrerebbe una prova di stampa: da collezionista imbruttita mi piace pensare che così ce ne siano in giro molto poche.

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Louis Legrand – Le grand écart – 1892 – Serie di 11 acqueforti/acquetinte in Cours de danse fin de siecle – prova di stampa prima dell’eliminazione dei remarques – non firmata

Sono riuscita a consultare la monografia del 1910 di Camille Mauclair – Legrand: peintre-graveur, ma purtroppo non il catalogo ragionato delle sue incisioni a cura di Victor Arwas, edito nel 2006  e pubblicato in occasione di una mostra organizzata dal Musée Félicien Rops a Namur, il tentativo più strutturato di ridare visibilità e onori a un maestro dimenticato, morto nel 1951 nell’oblio più totale. Molte informazioni precise e accurate le ho trovate invece in questo articolo del 2002 per il quale ringrazio l’autore.

 

 

 

 

 

 

5 pensieri su “Can-can fin de siècle: LOUIS LEGRAND

  1. Mi illudo di aver contribuito un pochino a destare il tuo interesse verso quella che è una vera e propria miniera in parte inesplorata, la Belle Epoque con i suoi petit maitres. A parte Lunois, di cui mi sto occupando a fondo, mi permetto di citare altri meritevoli di “recupero” – e di acquisto, trovandoli a poco :).
    Armand Berton, Paul Renouard, che hai già ricordato, e che ha un museo in giappone dedicato a lui solo, Felix Buhot, Abel Pann, Paul Berthon, Henri Boutet, Henri Gabriel Ibels, Paul Cesar Helleu, Edgar Chahine, Lucien Mainssieux , Henri Somm, Norbert Gœneutte, e mi fermo per stanchezza, non senza però citare il più ingiustamente dimenticato di tutti, Maurice Neumont.
    Accomuna tutti questi piccoli maestri lo studio accurato, quasi esasperato, della composizione, e quello della distribuzione dei bianchi e dei neri, con criteri quasi musicali. L’eleganza del risultato è così garantita, mentre l’osservatore moderno è portato a sospettare di tutto questo virtuosismo, temendo … il pacco estetizzante.

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    1. Ebbene si, caro Giuliano, hai contribuito non poco a questo interesse :). Alcuni, Ibels, Helleu, Chahine, li conoscevo già e, cercando informazioni in rete sono approdata proprio ai tuoi/vostri contributi sul forum di investire oggi. Altri che non citi, immagino solo per motivi di brevità (Robbe, Rassenfosse, Lobel Riche, Cheret, Steinlen) sono già nella mia lunga lista dei desideri. Gli altri che nomini non li conosco, ma saranno sicuramente oggetto delle mie prossime esplorazioni. Grazie come sempre dei tuoi commenti precisi e competenti.

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  2. Sei sempre molto brava. Anch’io ,grande ignorante ,leggo e mi emoziono.
    I tuoi appunti dovranno essere raccolti in un volume , per non perderli.
    Complimenti,
    Giovanni

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  3. Ciao Fiammetta ti seguo costantemente su suggerimento di una comune amica; non sempre riesco a leggere tutto, ma vedo che sei molto preparata e attenta. Mi piacerebbe avere i tuoi contatti per riprendere i contatti, se ti va. Cari saluti. Lucia Ferrari

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