Omaggio a Leonardo: la Battaglia di Anghiari di GERARD EDELINCK

_DSF3604cIl 2019 è l’anno di Leonardo: mostre, documentari, saggi e articoli celebrano i 500 anni dalla morte del geniale artista, avvenuta ad Amboise il 2 maggio del 1519. Anche io nel mio piccolo voglio partecipare alla festa e lo spunto mi viene offerto da questa splendida incisione di Gérard Edelinck, che riproduce in controparte la scena centrale dell’affresco perduto della Battaglia di Anghiari, chiamata anche La Disputa dello stendardo o Combattimento di quattro cavalieri. Va detto che questa stampa di riproduzione è tratta non dall’affresco originario, che non si sa esattamente com’era e neanche in quale punto preciso di Palazzo Vecchio si trovasse, ma da un disegno attribuito a Rubens, che è a sua volta il rimaneggiamento di un disegno di un autore precedente e sconosciuto, che è a sua volta una probabile copia del cartone originario o di una sua parte. Però questa incisione, anche se è la copia della copia della copia, in quanto immagine riproducibile, ha certamente contribuito alla diffusione e alla popolarità della scomparsa opera leonardesca ben più dei numerosi disegni e dipinti con lo stesso soggetto conosciuti fino ad ora.

Sull’affresco originale, sulle sue vicissitudini e sui disegni coevi o appena successivi che lo riproducono o ne derivano parzialmente, sono stati scritti fiumi di saggi e il dibattito fra super esperti è ancora in corso. Le informazioni sulle quali oggi tutti gli storici concordano sono che l’opera fu commissionata nel 1503 a Leonardo, appena tornato a Firenze, e che fu fortemente voluta dal Gonfaloniere Pier Soderini per celebrare e magnificare le virtù militari della neonata Repubblica Fiorentina, proprio nel momento in cui i fiorentini si trovavano a dover incrociare le armi contro i pisani, con sorti ancora incerte. Il programma iconografico era stato deciso da una commissione (alla quale partecipava anche Nicolò Machiavelli) e prevedeva la raffigurazione di una importante battaglia del 1440 in cui i fiorentini, con coraggio e intelligenza bellica, avevano sconfitto le truppe milanesi. La parete opposta della sala avrebbe dovuto invece ospitare un affresco di Michelangelo sulla battaglia di Cascina, poi mai realizzato.

Leonardo realizzò il cartone preparatorio – di cui però non resta traccia, ma che sappiamo fu esposto al pubblico fiorentino – ed iniziò a dipingere l’affresco il 6 giugno 1505 su una parete della Sala dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio. Oggi la sala è molto diversa da quella del tempo di Leonardo: ha il soffitto rialzato e le pareti sono state completamente rinnovate e decorate da Vasari nel 1563 con nuovi affreschi. Si racconta che Leonardo non finì mai l’opera, forse a causa delle sue sfortunate sperimentazioni con colori a olio o a cera, sperimentazioni – si dice – intraprese come per il Cenacolo per non dover utilizzare l’odiata tecnica dell’affresco. Il dipinto murale cominciò infatti a deteriorarsi ancora prima di essere terminato e venne abbandonato non finito, come spesso soleva fare Leonardo con una certa disinvoltura.

Si pensa che di tutto l’affresco la sola scena completata da Leonardo fosse proprio quella della Disputa dello stendardo, anche perché è la sola che è stata copiata dai  numerosi artisti degli anni successivi. Le copie mostrano però alcune varianti e non è ancora chiaro se questo avviene perché alcune di esse derivano direttamente  dall’affresco (o dal poco che era stato realmente dipinto) o invece replicano parti del cartone preparatorio. Per raccapezzarsi in questo argomento molto tecnico e complesso consiglio di leggere questo saggio di Frank Zollner, che oltre a proporre un’interessante interpretazione del significato politico dell’affresco, ha il pregio di essere corredato da numerose immagini dei disegni, delle incisioni e dei dipinti che da questo sono derivati nei secoli successivi. Nel saggio, ovviamente, viene citata anche questa incisione di Gérard Edelinck, della quale sono conservati esemplari in numerose e importanti collezioni. Nel Fogg Art Museum, a Cambridge, è inoltre conservato il disegno preparatorio eseguito da Edelinck stesso e utilizzato probabilmente per la realizzazione della lastra, disegno che è la copia piuttosto fedele, anche se ridotta nel formato, del disegno di Rubens oggi conservato al Louvre.

Le recenti indagini su quest’ultimo hanno però messo in dubbio l’autografia completa da parte di Rubens, che certo non poteva aver visto l’affresco originario – già coperto dall’intervento di Vasari – e neanche il cartone preparatorio – già scomparso dai radar – ma che piuttosto avrebbe lavorato su una base disegnata precedentemente da un oscuro artista italiano del XVI secolo, che forse aveva avuto modo di copiare il cartone preparatorio. In ogni caso Rubens effettuò questo rimaneggiamento del cinquecentesco disegno fra il 1600 e il 1608, durante il periodo del suo soggiorno italiano, nel quale si divertì a riprodurre centinaia di opere dei maestri del Rinascimento. Tra l’altro l’abitudine di Rubens di intervenire e manipolare disegni non suoi, fino a farne una cosa propria – una specie di apprendistato svolto inglobando letteralmente nel proprio segno l’arte dei maestri che lo avevano preceduto e non esitando, dove non erano disponibili gli originali, a copiare le incisioni o le repliche – è stata documentata anche in altre occasioni. Quello della Disputa dello stendardo quindi non è stato un caso isolato.

Veniamo adesso alla mia stampa, copia della copia della copia, eppure ancora molto potente e suggestiva per gli indubbi virtuosismi dell’autore, il chiaroscuro d’impatto e la veemenza dell’azione. Si tratta di un’incisione a bulino di grande dimensione che Gerard Edelinck (1640/1707) realizzò forse tra il 1660 e il 1666, prima del suo definitivo trasferimento in Francia. E’ un’ipotesi che però non convince completamente, come fa notare Henri Delaborde nella sua monografia sull’artista (l’unica che sono riuscita a scovare, anche piuttosto datata, del 1886): nel 1666, all’epoca del suo trasferimento in Francia, Edelinck aveva solo 26 anni, era all’inizio della carriera e fino a quel momento aveva inciso, per quel che sappiamo, soltanto lastre molto meno impegnative e con risultati piuttosto scolastici. D’altronde viene facile pensare che proprio ad Anversa, sua città natale ma anche città elettiva di residenza di Rubens (morto nel 1640, proprio l’anno di nascita di Edelinck), abbia potuto vedere il disegno di mano del maestro fiammingo, magari ancora nelle disponibilità della famiglia. Tra l’altro il disegno di Rubens si trova al Louvre solo dal 1852 e nel secolo precedente era conservato in una collezione a Stoccolma, quindi non era facilmente accessibile. Dunque possiamo ipotizzare che ad Anversa abbia predisposto la copia del disegno, in previsione di un’incisione poi materialmente realizzata in Francia. Oppure abbia realizzato la sua incisione sulla base di una copia del disegno di Rubens, vista chissà dove. Da notare comunque l’errore nella scritta in basso a sinistra: invece di scrivere il nome di  L. da Vinci, si trova L. Da finse pin., errore derivato probabilmente dalla diversa pronuncia fiamminga della v consonante.

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Il nostro incisore è oggi considerato una figura di secondo piano nella storia dell’incisione, nei moderni dizionari degli artisti gli vengono dedicate solo poche righe. Si sa anche molto poco della sua vita, che certamente non deve essere stata un fuoco d’artificio: allievo ad Anversa di Cornelius Galle, uno degli ultimi e meno dotati rappresentanti della celebre famiglia di incisori fiamminga, mal si distingue nei primi anni della sua attività dalla folta schiera di incisori di Anversa che lavoravano nell’editoria, in quegli anni un’industria fiorente, ma priva di personalità artisticamente interessanti. Si sposta nel 1666 a Parigi in cerca di fortuna, al seguito del fratello, anche lui incisore.  Delaborde ci racconta che nella capitale ebbe la fortuna di conoscere il pittore Philippe de Champagneallora ben inserito alla corte del Re Sole e protettore degli artisti fiamminghi a Parigi; di essere stato aiutato da Nicolas Pitau, importante incisore dell’epoca e poi di aver sposato la nipote di Robert Nanteuil, pittore e incisore del Re. Queste buone entrature, oltre senza dubbio ai meriti personali, gli permisero di diventare maestro alle Manifatture dei Gobelins con una buona rendita concessa da Luigi XIV e gli spianarono la strada per un’esistenza agiata e senza scosse, dedita alla famiglia e al lavoro. Le oltre 300 lastre incise lo consacrarono virtuoso del bulino.

In effetti proprio nella seconda metà del Seicento, sotto la spinta diretta del Re Luigi XIV – che pare amasse molto vedere i quadri riprodotti in stampe per arricchire la propria Biblioteca Reale e aveva a questo scopo incentivato la creazione di studi di incisione, per infine fondare nel 1670 la Calcografia Reale – si forma in Francia una scuola di incisori di riproduzione di stupefacente maestria, in grado di esprimere con il bulino, se non il colore, la materia degli oggetti: la morbidezza delle pellicce, la lucentezza delle sete, l’ondulazione delle parrucche, la varietà dei broccati, tutto attraverso l’uso sapiente di segni sempre più articolati, incrociati, ondulati o alternati a punti; parliamo di quella che viene chiamata la scuola del bel taglio, l’epoca d’oro del bulino, che nel secolo successivo si spegnerà in freddi virtuosismi d’accademia. Per rendersi conto della complessità dei segni di queste incisioni basta guardarne qualche dettaglio ingrandito.

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Non è stato facile trovare notizie sulla mia incisione, realizzata anch’essa a bulino con alcuni tratti all’acquaforte: gli unici cataloghi delle opere di Edelinck che ho trovato sono piuttosto datati: quello di Gori Gandellini del 1811 e quello pubblicato nel 1844 da Robert-Dumesnil. Del Combattimento dei quattro cavalieri, Dumesnil cita tre stati: il primo avanti lettera, il secondo nello stato definitivo ad eccezione di un unico particolare, ritoccato nel terzo stato: sulla lama della spada del secondo cavaliere a sinistra, vicino all’impugnatura, risultano apposti tre punti. Così.

20190430_125430Il mio esemplare è del secondo stato (i tre punti non ci sono) ed è stampato su carta vergellata con filigrana che non ho ancora identificato. Sul retro compare un marchio di collezione apposto a mano, R M puntato. Non sono riuscita a risalire al collezionista, non compare nel Lugt, Marques de Collection de Dessins et d’Estampes, né in altri repertori che ho consultato. Posto la filigrana e le iniziali, magari chissà qualcuno mi può aiutare.

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In compenso sono riuscita a confrontarla con un’esemplare del terzo stato conservato alla Civica Raccolta Stampe Bertarelli e dal confronto la mia non ne è uscita troppo male, pur mostrando delle consistenti integrazioni sui bordi e alcuni strappi restaurati. Le vicissitudini che l’hanno mutilata meritano però qualche riga: sul retro della cornice polverosa che la conteneva era incollato un foglio scritto in tedesco che raccontava:

Nell’aprile 1973 Heinz e Paulette Zuhorn hanno visitato Anghiari, dove ai margini della città si trova una lapide di marmo in ricordo della battaglia. Questa incisione si trovava nella casa dei genitori di Heinz Zuhorn in Wittekindstrasse 2 a Osnabrück, che nel 1943 è stata completamente distrutta dalle bombe.

Ecco svelata l’origine del suo imperfetto stato di conservazione: dunque non una naturale consunzione dovuta all’età, ma con tutta probabilità l’impatto delle bombe della seconda guerra mondiale. Bombe che hanno drasticamente ridotto il suo valore commerciale ma hanno invece aumentato notevolmente quello della mia personalissima scala, il valore sentimentale. Non sono più riuscita a trattenermi: ho iniziato ad immaginare l’incisione tratta in salvo dalle macerie, poi pulita e restaurata con cura per poter essere lasciata in eredità; e poi un figlio che, a distanza di anni, rende omaggio ai propri genitori con un viaggio proprio in quel luogo tanto significativo.

Per chi volesse approfondire le informazioni su Gerard Edelinck:

Robert-Dumesnil – Le peintre-graveur francais, ou catalogue raisonnè des estampes – Tome septieme – 1844

Henry Delaborde – Gérard Edelinck – Paris, 1886

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Gérard Edelinck – La Disputa dello Stendardo – 1660/1666 (?) – Bulino con tratti all’acquaforte – lastra mm 451 x 612 – II stato su III – carta vergellata con filigrana cerchio e lettere alfabetiche – al retro marchio di collezione RM.. –
Anonimo del XVI secolo rielaborato da Rubens -1600/1608- Disegno, gessetto nero, penna, inchiostro a china – conservato al Louvre

 

 

 

 

 

 

 

2 pensieri su “Omaggio a Leonardo: la Battaglia di Anghiari di GERARD EDELINCK

  1. Complimenti, dopo le fetività, con l’occasione le porgo i mie migliori auguri, le manderà delle foto della mia stampa della Battaglia di Anghiari di G. Edelinck per un confronto.
    Cordiali saluti
    Luca Valbonetti

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