Il pubblico milanese ha avuto occasione di conoscere le opere di Conrad Marca-Relli nel 2008, in occasione di una mostra antologica organizzata alla Rotonda della Besana. Io ero entrata all’esposizione un po’ per caso: la visitavo insieme a mia figlia, che a quel tempo aveva 4 anni. Speravo che fosse – per lei ma soprattutto per me – un piccolo diversivo ai giochi che facevamo nel giardino della Besana, che era ed è tutt’ora un luogo molto frequentato dalle mamme con bambini piccoli. Non conoscevo l’artista, visitavo la mostra nella più totale ignoranza: è stata una rivelazione. Eppure la condizione nella quale la visitavo non era delle migliori: metà di me era concentrata a raccontare una storia a mia figlia, che si era quasi subito annoiata e mi tirava verso l’uscita; l’altra metà cercava di gestire l’emozione e di assorbire velocemente la bellezza che vedeva intorno. Da allora, ogni volta che mi capita di vedere opere di Marca-Relli, riprovo lo stesso godimento. Non potendo permettermi una sua opera unica, ho sublimato il mio desiderio acquistando un multiplo, una sua incisione.
Quelle che si trovano sul mercato sono soltanto trasposizioni precise su lastra di alcuni dei suoi collage degli anni ‘70: Marca-Relli infatti ha privilegiato per lo più questa tecnica espressiva. Pur senza averne la certezza, mi è venuto il dubbio che questa serie di acquaforti/acquetinte siano il risultato di un’operazione commerciale (anche i più puri talvolta cedono alle lusinghe del mercato) piuttosto che la sperimentazione di un nuovo mezzo espressivo: questa intenzione avrebbe senz’altro prodotto opere più autonome dal punto di vista creativo. Non sono però riuscita a trovare informazioni esaurienti a riguardo, tranne che la mia incisione fa parte di una cartella di 15 acquaforti/acquetinte stampate da Lacourière a Parigi e pubblicate nel 1977 a Barcellona; sembra che sia stato Pierre Soulages (il pittore del nero, il grande artista astratto francese ancora vivente, che ha gravitato intorno al gruppo degli Espressionisti Astratti americani), a convincere Marca-Relli all’iniziativa. In vendita, peraltro, se ne trovano poche altre diverse da quelle di questa serie. Comunque sia, gli si può facilmente perdonare questa presunta debolezza, perchè queste incisioni mostrano comunque la medesima monumentalità e matericità raffinata dei collages originali da cui sono tratte.
La biografia di Marca-Relli è illuminante per capire i meccanismi non sempre lineari del mercato dell’arte, capace di sostenere grandi artisti e di dimenticarne inspiegabilmente altri, al di là del valore della loro ricerca. Nel 1949 Marca-Relli è stato uno dei fondatori dello storico Heighth Street Club, luogo di ritrovo bohemien degli Espressionisti Astratti, dei loro critici e galleristi, teatro di accese discussioni sullo stato dell’arte contemporanea; sempre lui, nel 1951, è stato fra gli organizzatori del Ninth Street Show a New York, prima mostra di presentazione dell’Espressionismo Astratto come movimento composito ma definito. E’ un artista che ha esposto incessantemente fino a tutti gli anni ’60, i suoi lavori sono stati messi in mostra con la stessa periodicità con cui venivano esposti quelli degli altri artisti della Scuola di New York, tanto che nel 1967 il suo successo gli ha fruttato anche una personale al Whitney Museum. Anche se inserito perfettamente nell’ambiente delle avanguardie americane degli anni ’40 e 50′, amico di de Kooning, Kline, Rothko, Motherwell, Pollock (sarà proprio Marca-Relli a doverne riconoscere il corpo appena dopo l’incidente), si è però volutamente ritirato alla periferia del movimento dell’Espressionismo Astratto e della sua orbita, non condividendone mai fino in fondo tutte le posizioni, anzi, considerandole talvolta troppo rigide a scapito della libertà individuale dell’artista. Nella sua autobiografia scriveva:
Io mi sentivo indifferente a quelle posizioni, forse perchè ho viaggiato in Europa da quando ero bambino, mio padre era irrequieto come me e andava tra l’America e l’Europa con la sua famiglia….Così, mentre gli amici pittori americani tendevano a fare delle scuole o delle accademie (anche se erano contro le accademie), io mi liberavo già, come persona, da posizioni artistiche che volevo rimanessero aperte il più possibile per evitare di divenire un assolutista.
La sua titubanza era indirizzata nei confronti della pittura astratta, che da un certo punto in poi, dalla fine degli anni 40, era diventata per gli artisti della Scuola di New York la “giusta” e unica evoluzione possibile della pittura. Proprio dal 1947, negli anni in cui Pollock esponeva con successo il suo stile sgocciolato, Marca-Relli si muoveva in direzione opposta, con dipinti che ricordavano le città metafisiche di De Chirico o i paesaggi urbani desolati di Sironi, che aveva conosciuto e apprezzato nel suo soggiorno in Italia nel 1953. Negli stessi anni faceva i primi tentativi di inclusione di parti a collage nel dipinto e decideva di privilegiare questa tecnica, esplorandola fino ad un livello di complessità mai prima sperimentato, senza peraltro mai completamente abbandonare la figurazione, almeno come premessa. Il collage, da allora, è stata la sua forma espressiva privilegiata, perchè gli offriva l’opportunità di lavorare e rielaborare, spostando facilmente gli spazi positivi e negativi, mantenendo anche dopo una lunga elaborazione la qualità dell’immediatezza. In una intervista del 1998 con Luca Barbero, tornerà sullo stesso tema:
Superare la figura del pittore tradizionale tramite il collage mi ha permesso di raggiungere una pittura sempre fresca, una composizione anche dopo anni sempre attiva visivamente. Il collage mi consente una purezza d’azione, posso sperimentare nel quadro continuamente, mille e mille volte. Posso costruire una figura e cambiarla immediatamente, posso vederne il risultato e se non mi piace la tolgo, ne cambio le parti, costruisco altrove perchè dipingere è meditazione e azione insieme e la pittura materica del pennello non lo permette.
William C. Agee, curatore della sua mostra al Whitney, segnalò la differenza fondamentale tra Marca-Relli e i suoi compagni dell’Espressionismo Astratto: (….) nonostante abbia fatto proprie l”immediatezza e l’audacia della Scuola di New York, Marca-Relli ha ugualmente abbracciato i valori tradizionali della pittura europea – l’eleganza, la grazia e la raffinatezza – che altri appartenenti alla sua generazione hanno quasi universalmente rifiutato.
Le assonanze con la pittura europea degli stessi anni, italiana in particolare, emergono infatti in modo evidente: viene facile, a chi osserva i suoi monumentali collage fatti di tela grezza, carta o lamiera, pensare ai sacchi di Burri o ai lavori di Afro, entrambi artisti che Marca-Relli ha conosciuto e frequentato e ai quali era legato da forte amicizia. Italiano di origini, americano di formazione, perfettamente bilingue, considerato dai pittori europei una specie di amico americano, si è spostato con disinvoltura da un continente all’altro per tutta la sua vita, così come è riuscito a stare a cavallo fra il figurativo e l’astratto. Dagli anni 70 si trasferisce prevalentemente in Europa e sparisce dai riflettori della scena americana. Questo allontanamento dall’America non ha giovato alla continuità del suo successo e l’ha relegato in una specie di limbo sospeso tra due continenti: a New York, con l’arrivo negli anni 60 della Pop Art, del Minimalismo e della Conceptual Art, i galleristi e il pubblico americano si sono concentrati sempre più sugli sviluppi artistici puramente nazionali, rifiutando le tracce di un retaggio europeo, e gli artisti la cui opera presentava forti influenze europee sono rimasti in ombra, come acutamente rileva Marca-Relli stesso nella sua autobiografia:
Certi critici sostenevano, con insistenza, che io non avessi avuto alcun riconoscimento prima degli anni Sessanta. Stava diventando penosamente evidente che solo un piccolo gruppo di artisti sarebbe stato scelto per rappresentare il Movimento dell’Espressionismo Astratto, mentre il resto sarebbe stato scartato in un modo o nell’altro; la storia dell’arte veniva graduamente riscritta a loro vantaggio. (…) Durante gli anni Settanta divenne evidente che il mondo dell’arte, così come lo avevamo conosciuto, se n’era andato: era cominciata una nuova forma di commercio senza scrupoli. Il grande capitale era entrato nell’arte, portandosi appresso i pescecani: un atteggiamento che si sarebbe poi diffuso in tutto il mondo. (…) Molte reputazioni affermate furono spazzate via per fare spazio a nuove “scoperte” dell’ultim’ora.
In realtà Marca-Relli non è mai totalmente sparito dai radar: come un delfino capace di percorrere grandi distanze sott’acqua, ma di riemergere con un guizzo quando meno te lo aspetti, è riapparso ciclicamente più che altro presso il pubblico europeo. La sua fortuna critica ondivaga resta un esempio dell’insensatezza frequente del mercato dell’arte: era celebre, omaggiato, rispettato, temuto; gli sono state dedicate delle retrospettive importanti (alla Guggenheim di Venezia nel 1998, per esempio); ogni volta lo si torna a incensare, la critica grida alla riscoperta e, contrita, si colpevolizza per averlo trascurato. Ma alla fine resta un artista molto lontano dalla fama (e dalle quotazioni) dei suoi amici della Scuola di New York, forse perchè è in-catalogabile. Questo credo sia anche il suo fascino: la sua arte vive benissimo senza necessità di essere ingabbiata dentro etichette di comodo.
Chi volesse approfondire può leggere il catalogo edito da Bruno Alfieri Editore in occasione della mostra del 2008 alla Besana, con interessanti saggi di David Anfam, Mgdalena Dabrowski, Emilio Villa, Marco Vallora. All’interno del catalogo è pubblicato anche il testo integrale della sua riflessione autobiografica scritta tra il 1950 e il 1980, una lettura godibilissima che ci aiuta a capire il clima e gli artisti che gli sono ruotati intorno.

In coda posto una delle sue opere più famose, “Death of Jackson Pollock”, quella realizzata nel 1956 e dedicata all’amico scomparso tragicamente.
Io invidio la tua capacità di emozionarti nel cogliere al volo il messaggio insito in opere d’arte come queste. Io guardando quelle che hai postato riesco a cogliere dei valori, ma non provo emozione. Credo mi manchi la preparazione necessaria. Non ti racconto i miei limiti per pudore, ma un giorno che hai tempo mi piacerebbe che tu mi aiutassi a capire. Per quel che riguarda le opere del passato classico, per così dire, al di là dei critici mi ha sicuramente giovato aver visto tanta arte in tanti anni e alla fine aver trovato naturalmente risposte e nel mio piccolo aver trovato meriti anche nei minori. Comunque apprezzo moltissimo, come sai, i tuoi multipli d’autore e la tua grande passione.
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