Ritratti di charme: la Belle Epoque di PAUL CESAR HELLEU

741F70FA-2CC1-416D-B3F4-48972318917DAppartengo a quella generazione di donne che da giovani sdegnavano il trucco per ideologia, massacravano i propri lineamenti sotto mostruose permanenti, calzavano zoccoli e nascondevano il proprio corpo sotto sformate gonnellone a fiori e maglioni over-size rubati dal guardaroba del proprio padre: la femminilità esibita e l’eleganza non erano proprio le priorità. Nonostante ciò, guardo oggi queste femmes charmantes ritratte da Paul César Helleu, emblema di femminilità ed eleganza senza tempo, con un misto di fascinazione e invidia.

Siamo a Parigi – neanche a dirlo – nei decenni a cavallo del secolo XX, decenni densi e irripetibili dal punto di vista dell’arte, delle invenzioni tecniche e delle scoperte scientifiche, ma anche pieni di contraddizioni, ingiustizie e disuguaglianze sociali. Dimenticandoci per un attimo di questa complessità, ci caliamo in un milieu particolarmente ovattato e autoreferenziale, quello composto da una ristretta cerchia di famiglie aristocratiche e alto borghesi, elitarie da sempre e conservatrici nel profondo, che si apriva agli esterni solo se erano dotati di considerevoli patrimoni (non importa se nuovi di pacca), o almeno di qualche spiccato talento intellettuale o creativo. Le Tout Paris, la Parigi che contava insomma. Che abitava in sontuosi palazzi, era accudita da un generoso numero di servitori, frequentava salotti elitari e inaccessibili ai più, si ritrovava alle corse dei cavalli o al Bois de Boulogne, migrava mollemente da un evento mondano all’altro cambiandosi d’abito ogni volta e, fra i tanti impegni sociali, trovava anche il tempo di interessarsi all’arte, soprattutto a quella che non metteva in crisi il bel mondo dorato in cui viveva.

Paul César Helleu (1859/1927) era di estrazione piccolo borghese, figlio di un capitano di vascello poi ispettore della dogana di Vannes, in Bretagna, ed era dunque totalmente estraneo a questo ambiente. E’ lecito chiedersi come sia riuscito a fare il salto sociale e a diventare uno dei ritrattisti mondani più ricercati dell’epoca. Gli ingredienti del suo successo sono stati certamente un raro connubio di talento ed eleganza innata, ma a questo si è aggiunta la fortunata sponsorizzazione di uno dei più influenti maitre de gout della Parigi di fine secolo, il Conte Robert de Montesquiou. Nel 1887 il Conte aveva infatti potuto ammirare alla Galleria George Petit alcune delle eleganti puntesecche esposte da Helleu e ne aveva acquistato d’istinto ben sei; l’entusiasta e sincera ammirazione per l’artista aveva dato inizio ad una frequentazione (che poi era diventata una sincera amicizia) che aveva spalancato ad Helleu le porte dei salotti dorati dell’oligarchia parigina. A riprova di questo legame duraturo, un saggio (a dir il vero stucchevolmente elegiaco) sull’amico artista scritto nel 1913 (Paul Helleu – peintre et graveur). 

Intellettuale, scrittore, poeta (anche se la qualità delle sue opere letterarie è stata oggi di molto ridimensionata), il Conte di Montesquiou vestiva perfettamente i panni del dandy raffinato ed eccentrico; univa la ricerca della pura emozione estetica al piacere della mondanità, il gusto eclettico alla frivolezza un po’ vacua. Sono leggendarie le grandi feste nei giardini delle sue sontuose dimore, dove amava stupire gli ospiti con oggetti curiosi, intrattenimenti originali, cibi raffinati ed esotici. Lo stesso Oscar Wilde nel suo diario parigino annotava con stupore di aver visto ad uno di questi ricevimenti aggirarsi nei saloni una tartaruga con il guscio tempestato di smeraldi (!). I suoi tic e le sue nevrosi avevano ispirato Huysman nel tratteggiare la figura dell’intellettuale decadente di A rebours; Proust l’aveva immortalato nella Recherche nella figura del barone Charlus. Di fatto il suo gusto dettava la moda a Parigi: lui stesso si definiva sovrano delle cose transitorie, Proust lo considerò professore di bellezza per una generazione intera.  Se vogliamo farci anche solo un’idea superficiale del suo dandysmo, guardiamo i ritratti fattigli dallo stesso Helleu, da Boldini e dal caricaturista SEM.

Come se non bastasse era cugino della Contessa di Greffhule, la nobildonna più affascinante e alla moda dell’epoca, una vera icona di stile, nel cui salotto era frequente trovare Proust, Goustave Moreau, James Whistler, Auguste Rodin. La Contessa confessava candidamente: Non penso che ci sia alcun piacere al mondo paragonabile a quello di una donna che si sente guardata da tutti, e a cui viene trasmessa gioia ed energia. Probabilmente su consiglio del cugino, nel 1891 aveva deciso di invitare Paul Helleu nella sua dimora di Bois Budrain  e durante il soggiorno dell’artista ebbe modo di farsi ritrarre in quasi un centinaio di schizzi, disegni e pastelli. Per Helleu l’aver ritratto un’icona indiscussa di stile come la Contessa di Greffhule sancì il suo definitivo accreditamento nell’alta società.

La frequentazione dell’upper class gli garantì un giro prestigioso di clientela, soprattutto femminile, che immortalò in raffinate puntesecche, tecnica che aveva iniziato a praticare dal 1885 (complice Tissot, che gli aveva regalato la sua prima punta di diamante per incidere). I suoi ritratti femminili restano il simbolo ineguagliato di eleganza e di femminilità frivola e frizzante. Donne belle, affascinanti, alla moda, ognuna sapientemente immortalata nel proprio personale charme. Edmond de Goncourt, nella presentazione del catalogo della mostra di punte secche di Helleu che si tenne a Londra del 1895, definì questi ritratti istantanee di grazia femminile. Così ci appaiono ancora oggi, non avendo perso nulla della loro freschezza. Possiamo tranquillamente dire che è stato il precursore dei fotografi di moda e che le sue affascinanti celebrità parigine, americane o inglesi erano l’equivalente delle modelle fotografate oggi, anche per l’influenza che ebbero sul gusto del pubblico di massa nel campo della moda. La raffinata sensibilità di Helleu per i colori fu apprezzata anche da Coco Chanel: si racconta che proprio lui, durante una passeggiata a bordo mare, le abbia segnalato l’eleganza e le potenzialità del colore beige sabbia, colore che in effetti ha poi contraddistinto la sua maison di moda.

Ricordiamo comunque che ben prima delle frequentazioni altolocate, Helleu aveva stretto legami d’amicizia con i più interessanti artisti dell’epoca: nel 1876, giovanissimo, mentre frequentava lo studio di Gérome, aveva conosciuto John Singer Sargent, di poco più anziano, che lo aveva aiutato nei primi anni di ristrettezze economiche (quando si manteneva a fatica facendo il decoratore di porcellane) mettendogli a disposizione il suo studio; in seguito lo aveva accompagnato in viaggi di formazione in Olanda e Belgio e lo aveva iniziato al culto per la cultura anglosassone.  Sempre nel 1876 e sempre insieme a Sargent, visitando la seconda mostra degli Impressionisti, aveva conosciuto direttamente Monet: la loro salda amicizia durò fino alla morte ed è testimoniata anche dal fatto che Monet nel 1992 scelse proprio Helleu come testimone di nozze nel suo secondo matrimonio. Fra le amicizie letterarie Helleu annoverò poi anche quella con Proust, conosciuto nel 1895, che lo tratteggiò con la sua penna nella Recherche nella figura di Elstir. Frequentò poi con una certa continuità Whistler e nel 1884  iniziò l’amicizia con Boldini (ancora poco famoso) e con il caricaturista Sem: formavano un trio spumeggiante: per 25 anni non ci siamo mai lasciati: a l’avenue du Bois, a Longchamps, ad Auteil, da Maxime, a Deauville, sullo Yacht di Helleu, ricorderà Sem. Un trio mondano che saltellava felicemente da un salotto all’altro, mietendo consensi, commesse e – riferendoci a Helleu e Boldini – condividedo anche le stesse modelle: la contessa di Marlborough, Marthe Letellier, Lucy Gerd, la contessa Anne Elisabeth Mathieu de Noailles e tante altre dame note alle cronache mondane. 

Un ruolo importante nella vita di Helleu lo ebbe anche la bellissima e amatissima moglie Alice Guerin, dotata come lui di bei modi, buon gusto ed eleganza innata. La coppia si conobbe nel 1884, quando la famiglia di Alice chiese al giovane pittore un ritratto della propria figlia quattordicenne. Fu un colpo di fulmine che fu coronato due anni dopo dal matrimonio. Alice fu la modella prediletta, ritratta nei suoi lineamenti flessuosi più e più volte al giorno, quasi in modo ossessivo; ma fu anche una compagna elegante, bella e discreta, perfetta accanto al marito nelle serate mondane. Oltre ad occuparsi dei figli, si occupò anche dei conti, dei pagamenti, della gestione dello studio del marito. I numerosi disegni e pastelli fatti da Helleu ad Alice non sfigurano accanto ai ricercati ritratti mondani, anzi, ci raccontano con lo stesso segno elegante una fascinazione quotidianamente rinnovata e arricchita dalla dimensione intima e familiare.

L’eleganza sobria della coppia era riconosciuta da tutti: nelle foto d’epoca lei veste spesso in bianco, non rinunciando mai al cappello e alla veletta. Montesquiou racconta invece che lui vestisse solo di nero: un fatto curioso, visto che è stato tra i primi artisti a riscoprire il bianco nell’arredo. Il suo appartamento parigino, nonché il suo studio, furono rigorosamente arredati sulla gamma del bianco/panna/crema: pareti, tappezzerie, oggetti; una scelta controcorrente se era vero – come scriveva sempre Montesquiou- che il gusto generale dell’epoca spaziava invece tra il mobilio gatto nero, l’Enrico II d’occasione e il falso gotico.

Oggi ricordiamo Helleu quasi solo per la sua attività incisoria (prevalentemente puntesecche), ma fu altrettanto talentuoso nell’uso del pastello, dell’acquerello e nella pittura ad olio, quest’ultima per lo più praticata per puro piacere personale. Alcuni suoi dipinti (in particolare quelli dedicati agli interni delle chiese gotiche o alla stazione Saint Làzare) riflettono il suo interesse per le ricerche impressioniste, in particolare per quelle di Monet. Lui stesso, intervistato da Montesquiou, racconterà: Alla scuola di Belle Arti, quando avevo 15 anni, ero il solo a cui piacevano Manet e Monet e (…) per questo avevo una sessantina di compagni che mi schiamazzavano dietro. Ora tutti dipingono in viola … e io, non lo faccio! Una frase che, se sincera, denota da una parte una notevole lungimiranza di giudizio e dall’altra una certa indipendenza operativa. La studiosa Francesca Dini, nel suo saggio Boldini, Helleu, Sem – protagonisti e miti della belle époque, sostiene che Helleu ebbe il merito di trascrivere le conquiste del movimento parigino (quello degli Impressionisti) e di renderle attraverso la sua elegante scrittura “digeribile” ad un pubblico più selettivo e prevenuto. 

La sua fama di virtuoso ritrattista mondano crebbe esponenzialmente nell’ultimo decennio dell’Ottocento, mise piede in Inghilterra nel 1895 grazie ad una mostra personale di grande successo (grazie alla “sponsorizzazione” della principessa di Galles) e nel 1902 valicò i confini europei, arrivando anche negli Stati Uniti. I compensi per i suoi ritratti crebbero parallelamente e gli consentirono una vita agiata, possiamo dire quasi lussuosa, tanto da permettergli di soddisfare uno dei suoi più grandi desideri, quello di acquistare uno yacht, uno status symbol che rispondeva allo stesso tempo – scriverà Jean Adhemar nella prefazione alla mostra del 1957 (qui) ad un gusto personale e ad una forma di snobismo anglosassone. Ne possiederà in successione ben 4, fra cui l’Etoile, parcheggiato a Deauville o avvistato al largo dell’isola di Wight per assistere alle regate di Cowes, l’avvenimento sportivo e mondano a cui partecipava il principe di Galles, futuro Re Edoardo VII. Era la sua vera passione: vi passava lunghi periodi estivi con la famiglia, invitandovi frequentemente anche amici e clienti. Chapeau dunque al talento, all’eleganza innata, alla fortuna e anche alla determinazione, che certo non gli doveva essere mancata per veleggiare in un mare che non era il suo d’origine.

Così come l’arrivo della guerra diede una bella spallata al mondo dorato delle élite parigine, le Avanguardie artistiche diedero una bella spallata al mondo dell’arte. Les demoiselles d’Avignon si confrontarono con le seducenti modelle di Helleu o di Boldini, che sembrarono di colpo l’ultima elegante espressione della vecchia pittura ottocentesca ormai datata. Negli anni successivi alla guerra sparì un mondo: Robert de Montesquiou morì nel 1921, Proust nel 1922, Sargent nel 1925, Monet nel 1926,  Boldini nel 1931, SEM nel 1834. Helleu morì nel 1827 per una peritonite, ma rimase attivo comunque fino all’ultimo nell’attività incisoria. La sua fama si spense con le luci e i personaggi di quel mondo; non gli si perdonò l’eccessiva attenzione all’estetica e la sua attività artistica fu ridotta a semplice espressione acritica ed estetizzante di un mondo frivolo e inconsistente. 

Lo storico Henri Bouchot già nel 1903 profetizzava la fine di quell’arte e di quel mondo: L’arte di Helleu è quella del momento presente, dell’istante fugace, è lo splendore momentaneo; fra due anni, lo dirà lui stesso, tutto questo grazioso e azzimato microcosmo avrà perso il suo fiore: cappelli, manicotti di agnello, pettini a giraffa, saranno diventati vecchi, decrepiti, odiosi. Il signor Helleu avrà questo destino e se rivivrà sarà attraverso il Cabinet des Estampes, dove verranno mantenute le meraviglie che l’artista finirà prima o poi di donarvi. 

In effetti, poco tempo dopo, Helleu donò al Gabinetto delle Stampe un corposo numero di sue incisioni, dono completato in seguito dalla figlia e dal genero, che portarono la collezione a più di 500 pezzi. Nel 1957 Jean Adhemar, sulla base di questo lascito, realizzò il primo catalogo delle sue incisioni, compito non facile, visto che la maggioranza dei fogli, benché firmati, non recava traccia di date, di nomi o di tirature. Proprio osservando i dettagli del guardaroba delle eleganti dame ritratte o quelli della moglie Alice (molto attenta al gusto della moda), Adhemar riuscì a dare una datazione, seppur approssimativa.

Le puntesecche di Helleu hanno ancora oggi un buon valore di mercato: difficile trovare quelle a colori, con i volti di note figure femminili, a meno di 800/1000 euro. La donna ritratta nella mia puntasecca è invece anonima, né mi sembra corrispondere nei lineamenti ad Alice Guerin; per di più è perfettamente di profilo, in una posizione inusuale, se guardiamo la sua vasta produzione. Sembrerebbe uno studio, ma chissà. Mi accontento. Ammiro la maestria del tratto leggero e la sua elegante semplicità, anche se mi piace fantasticare che sia uno studio per il ritratto di Marthe Letellier, che Helleu considerava una delle donne più belle ed eleganti di Parigi: il profilo corrisponde abbastanza a quello di un suo pastello che ritrae l’elegante donna con un ventaglio e anche a una puntasecca con il suo profilo.

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Paul Cesar Helleu – Donna di profilo – puntasecca su wove paper – firma a matita in basso a destra

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