Qui in Italia è pressocchè sconosciuto; In Inghilterra e in Francia, sua patria adottiva, è in corso una timida riscoperta grazie ad alcune mostre organizzate da gallerie private, ad un sito (www.chaslaborde.com) e ad un saggio critico del 2010 di Emmanuel Pollaud-Dulian (Chas Laborde: un homme dans la foule). Sono sincera, fino a qualche mese fa anche per me Laborde era un perfetto sconosciuto. Mi è capitato però di trovare ad un’asta, mescolata insieme a cianfrusaglie di poco valore, questa sua acquaforte e l’ho acquistata d’istinto, affascinata dalla sua originalità. Ognuna delle figurine che la popolano è caratterizzata con pochi ma espressivi tratti: eleganti signore ingioiellate, distinti lord con bombetta, bambine dallo sguardo furbetto, garzoni indaffarati nelle consegne, poliziotti, impiegati, militari, tutta questa umanità affaccendata ci scorre davanti e ci trasporta indietro nel tempo, a Ludgate Circus nella Londra degli anni ’30 gremita di negozi, insegne e mercanzie.
A casa ho cominciato le ricerche, felice di poter contribuire anche io con questo post all’uscita di Chas Laborde dall’anonimato in Italia. Chas Laborde è stato un grande disegnatore, illustratore, umorista e giornalista degli anni ’20 e ’30, dimenticato per qualche incomprensibile svista della storia. Oggi però, che abbiamo superato l’idea che l’illustrazione sia figlia di un Dio minore, che omaggiamo i grandi disegnatori di fumetti (e siamo disposti a spendere cifre considerevoli per qualche tavola originale), che osserviamo compiaciuti le librerie popolarsi di Graphic novels e visitiamo sempre più numerosi le manifestazioni dedicate al settore, sono certa che è arrivato il momento di celebrare anche questi maestri lasciati sbadatamente in naftalina.
Nato nel 1886 in Argentina da una famiglia di origine francese arricchitasi con il commercio, Charles si trasferisce a Parigi nei primi anni del 900 e viene iscritto al College Rollin, che frequenta senza grande profitto, più interessato – pare – a fare le caricature dei suoi professori sui margini dei quaderni; poi si iscrive all’Académie Julian. Sempre più convinto di voler fare da grande il pittore, soggiorna ripetutamente in Inghilterra fra il 1905 e il 1914, dove trova finalmente il suo nome d’arte (Chas) e ha occasione di apprezzare le incisioni di Hogarth e le illustrazioni di Rowlandson: The microcosm of London gli sarà d’ispirazione nell’elaborazione dei suoi futuri libri illustrati.
Infatti, nonostante abbia con regolarità pubblicato le sue vignette sulle riviste umoristiche parigine degli anni precedenti alla prima guerra mondiale (Le Rire, L’Assiette au buerre, Sourire) e illustrato dopo la guerra testi letterari di Anatole France, di Colette e di Mac Orlan, lo ricordiamo oggi soprattutto per una serie di libri illustrati di grande qualità, la serie Rues et visage de Paris (1926), Rues et visages de Londres (1928), Rues et visage de Berlin (1930) e Rues et visages de New York, (del 1932 ma pubblicato postumo nel 1950). Le raffinate incisioni che li corredano sanno raccontarci, meglio di un testo scritto, i caratteri e le pulsioni profonde dell’umanità varia che popola le grandi città europee; il clima di un’epoca complessa e contraddittoria come quella fra le due guerre mondiali è letto e interpretato da Laborde attraverso il fluire della folla che congestiona le vie urbane delle capitali.
Qualche volta per curiosità personale, qualche volta come inviato/reporter/illustratore per conto di importanti riviste, dobbiamo immaginarcelo mingherlino, lo sguardo attento e indagatore nascosto dietro un paio di occhialini d’oro, a spasso per le grandi città europee con un taccuino in tasca, sul quale velocemente e senza farsi notare, annotava come un entomologo i volti, le espressioni e i gesti della folla che gli scorreva attorno. In atelier poi (o nelle occasionali camere d’albergo), questi schizzi veloci si trasformavano in acqueforti e punte secche, suo mezzo espressivo prediletto dal 1920. Semplificava e depurava il proprio segno da tutto quello che poteva essere artificioso o virtuosistico, per arrivare alla sua personale visione della società, con un occhio implacabile, profondo ma mai troppo cattivo. Quello di Laborde è un occhio di Dio duro e giusto dirà Mac Orlan.
Forse le sue uniche illustrazioni veramente graffianti e caustiche che mi è capitato di vedere sono quelle che ha realizzato per il libro di Mac Orlan L’inflation sentimentale, pubblicato nel 1923: 21 acquaforti acquarellate, particolarmente crude e realiste, che ci raccontano una società regolata solo dagli impulsi sessuali più bassi e ci ricordano anche nel tratto, fortemente espressionista, i contemporanei disegni di George Grosz. Tutte le altre sue meravigliose illustrazioni colgono invece simultaneamente ogni aspetto della vita, bellezza e bruttezza, eleganza e volgarità, comico e ambiguo. Le sue tavole, d’una fantasia incredibile, sembrano visioni fugaci e veloci ma nascondono la verità di una osservazione meticolosa e ci riportano non solo impressioni delle grandi capitali europee ma anche appunti visivi della Russia di Stalin, della Spagna (proprio nell’anno del colpo di stato di Franco) e dell’Italia fascista. In tutti questi paesi si è mosso con il suo taccuino, anche al fronte lungo la linea Maginot durante il secondo conflitto mondiale.
Gli anni che vanno dal ’20 al ’30 sono i suoi di maggior successo come illustratore; sono anche gli anni d’oro in Francia dei libri illustrati d’artista, nuovo campo di sperimentazione ed espressione personale per tanti validi disegnatori (Gus Bofa e Jules Pascin per citare solo i più famosi contemporanei a Laborde) che riuscivano così ad affrancarsi dall’editoria delle riviste di satira, buona a fagocitare le loro vignette pagandole al contempo una miseria. La crisi del 1929 pero’ ha spezzato le ali dopo poco a questo settore editoriale in ascesa e i disegnatori si sono ritrovati di nuovo a elemosinare qualche commessa alle testate dei quotiniani.
Chas Laborde tra l’altro ha sempre coltivato in parallelo la pittura: il suo desiderio più grande era proprio quello di diventare un pittore, non solo un illustratore. Purtroppo la critica e il pubblico di allora non lo hanno premiato, forse perchè gli è toccato gareggiare con artisti troppo di serie A: Picasso, Derain, Kiesling, Modigliani, Van Dongen, Dufy, tutti giganti della storia dell’arte che conosceva e frequentava nei locali di Montmartre, dove per tanti anni ha avuto il proprio studio.
Esiste però una rara pubblicazione collettiva del 1937, commissionata dal Comune di Parigi per celebrare l’Esposizione Universale dello stesso anno, in cui Laborde (insieme ad altri famosi disegnatori dell’epoca) compare accanto ad artisti del calibro di Bonnard, Matisse e Dufy. Magra consolazione per uno che non ha proprio avuto una vita facile, nonostante una partenza tutto sommato agiata: si è fatto tre anni al fronte durante la Prima guerra mondiale, a Verdun; la guerra termina per lui solo nel 1917 quando gli scoppia vicino una bomba a gas. In guerra perde due fratelli, il suo patrimonio e il suo lavoro, ma ricomincia in modo umile e testardo. Produce senza sosta centinaia di illustrazioni e vignette, sempre con pochi soldi in tasca e a caccia di un editore. La sua vita finisce come è iniziata, in ristrettezze economiche, durante la Seconda Guerra mondiale: cerca ancora di vendere per pochi franchi i suoi disegni ai giornali, è ridotto a mangiare un solo pasto al giorno, è malato ai polmoni ma l’angoscia più grande è l’assistere all’entrata dei Nazisti a Parigi. Viene sepolto al Père Lachaise; la prima volta che vado a Parigi cerco senz’altro la sua tomba.
Sessant’anni dopo la morte, nel 2001, gli eredi decidono di svuotare il suo atelier in Normandia. Nel 2006 vengono venduti all’asta e dispersi gli ultimi suoi disegni originali ma comincia anche la sua lenta riscoperta. Nel 2014 viene organizzata una mostra con i suoi disegni nell’Atelier Cézanne a Aix en Provence. Già nel 1921 lo scrittore Francis Carco si chiedeva stupito Qu’attendons-nous pour célebrer Chas Laborde? Je l’ignore. Riuscirà il nostro artista a trovare, anche postuma, un po’ della fortuna critica che gli è stata negata in vita?
Chi, dopo questa lettura, si fosse incuriosito di Chas Laborde e volesse acquistare una sua incisione, deve cercarle prevalentemente nelle gallerie d’arte francesi, come è ovvio. Frutto dello smembramento dei suoi libri illustrati, si trovano abbastanza facilmente in vendita in rete e si trovano stampate sia in nero che a colori; in quest’ultima versione sono ancora più seducenti e originali. La mia acquaforte (purtroppo in nero) fa parte di Rues et visages de Londres, stampata in proprio nel 1928 in soli 121 esemplari. Ne possiedo anche un’altra, tratta da Rues et visages de New York, che invece è stampata a colori, ma non è chiaro se la lastra è stata incisa direttamente da Chas Laborde o invece da Lacourière, che ne ha curato l’edizione postuma del 1950, partendo da suoi disegni originali. La posto comunque in coda.


Qui invece un breve filmato inglese dedicato a Rues et visages de Londres
Già quando leggo Multiplo d’autore pregusto, perché condivido con entusiasmo il tuo metodo d’indagine e la tua passione per l’arte. Poco esperta d’illustratori nemmeno io conoscevo Chas Laborde ed è stato interessante e piacevole farne la conoscenza. Mi è piaciuta molto la stampa che hai acquistato : bisogna assaporarla a lungo e non si stenta a trovare il clima britannico. Mi sono particolarmente piaciute le figure di quinta: il flic di schiena che sovrasta indifferente e la coppia che ci guarda e c’ invita alla scena di spalle , dove si muove un mondo. Vi si leggono pregi e difetti, colti con occhio affettuosamente critico. A me il suo tratto ha ricordato Novello. Che dirti, ho trovato il tuo articolo bellissimo (e ti risparmio i punti esclamativi).
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